Questo articolo raccoglie gli avvenimenti storici e la descrizione dello svuotamento del lago residuo del Vajont, ovvero la grande porzione orientale di bacino rimasto senza sbocchi in seguito al movimento tettonico del monte Toc la notte del 9 ottobre 1963.
Bisogna premettere che la SADE, nel progetto Grande Vajont, aveva in progetto due gallerie che avrebbero collegato il serbatoio del Vajont al torrente Cimoliana: a monte dell’abitato di Cimolais si sarebbe realizzata un’opera di presa per far confluire parte delle acque del torrente verso il serbatoio del Vajont, mentre verso valle un’altra galleria avrebbe avuto la funzione, in caso di necessità, di far confluire parte delle acque del bacino del Vajont sul Cimoliana e quindi sul torrente Cellina, in modo da poter contare su un apporto prestabilito nel caso della realizzazione (prevista) di altri impianti più piccoli sullo stesso torrente.
La prima galleria citata avrebbe avuto lo sbocco sul lago alla quota 721 m s.l.m., quindi praticamente alla quota di massimo invaso del bacino, mentre la seconda era prevista con un’opera di presa immersa a quota 640 m s.l.m. ed una paratoia di regolazione posta sulla strada carrozzabile nei pressi della località S. Antonio in Terenton.
Al momento della frana le due gallerie erano state realizzate solo in parte: la prima giungeva sino all’inizio della Val Tuora verso il passo S. Osvaldo, con una lunghezza di 991,34 m, la seconda terminava sotto il monte Cornetto. Non erano al momento del disastro funzionali.
Come si può leggere nell’articolo della [galleria di by-pass->256], la catastrofica frana del Vajont ostruì immediatamente l’unico sbocco del bacino verso valle. Il lago residuo C si trovava dopo alcuni giorni alla quota di circa 728 metri, superiore alla quota di massimo invaso di progetto.
Gli interventi per la messa in sicurezza del lago residuo
Dopo i primi tentativi da parte delle squadre di sommozzatori per liberare l’imbocco della galleria di by-pass, l’ENEL ricorse ad alcuni interventi per far fronte all’emergenza del riempimento del lago residuo, che avrebbe creato condizioni catastrofiche anche per l’abitato di Erto prima, per la val Tuora e Cimolais poi; tali progetti furono realizzati in tempi davvero brevi ed in condizioni climatiche poco favorevoli.
Possiamo sostanzialmente identificare 3 interventi principali:
realizzazione di una stazione di pompaggio che avrebbe dovuto mantenere costante il livello del bacino residuo anche a fronte degli apporti degli affluenti naturali
completamento della galleria a quota 721 m s.l.m., con il proseguimento dello scavo verso Cimolais e lo scarico sul rio Tremenigia a quota 708 m s.l.m. (finestra di fine galleria)
completamento della galleria a quota 640 m s.l.m., con il proseguimento della stessa e scarico sul torrente Cimoliana a valle dell’abitato di Cimolais a quota 636 m s.l.m..
Schema dei 3 scarichi del lago residuo dal Vajont verso la Val Cimoliana
La stazione di pompaggio
Il primo intervento fu quello riguardante la stazione di pompaggio: i tecnici calcolarono la necessità di una serie di pompe elettriche che, in funzione 24 ore su 24, potessero estrarre 2 m3/s di acqua dal lago. La stazione fu costruita a fianco della SS251, in prossimità dello sbocco della Val Tuora, ad una quota di 756 m s.l.m.; fu eseguito uno sbancamento in zona pianeggiante ove fu realizzato il getto per accogliere il capannone che ospitava le pompe di mandata ed un vascone di pescaggio. La stazione infatti aveva la particolarità di essere a doppio stadio: 10 elettropompe centrifughe ad asse inclinato telescopico (albero speciale allungato) furono posizionate lungo la sponda destra del bacino, disposte su appositi carrelli, movimentabili su scivoli, per permetterne la variazione nel pescaggio da quota 739 m s.l.m. a quota 720 m s.l.m.. Esse riversavano le acque nel vascone esterno al capannone delle 14 elettropompe centrifughe di mandata, ove tramite appositi collettori esse pescavano l’acqua e la inviavano a 2 tubazioni metalliche che, posate sopra il manto stradale della SS251, risalivano lungo la mezzacosta destra della val Tuora e riversavano in una canaletta di legno (posta qui a quota 847 m s.l.m.) che proseguiva verso il passo S. Osvaldo, lo attraversava con un tombotto in calcestruzzo, e proseguiva scendendo lungo il passo sul versante di Cimolais. A quota 752 m s.l.m. essa disperdeva l’acqua aspirata del lago nell’alveo del rio Tremenegia, a scendere poi verso Cimolais e raccordarsi infine con il torrente Cimoliana. La portata totale dell’impianto fu innalzata all’avvio a 2,5 m3/s.
I basamenti delle 14 pompe del secondo stadio visibili oggi
L’innalzamento del muro di contenimento della strada carrozzabile con i 10 fori per le tubazioni del primo stadio
Le 14 elettropompe all’interno del capannone non erano tutte uguali, come è visibile ancora oggi dai basamenti presenti sulle opere civili ancora integre, in quanto l’ENEL acquistò le macchine idrovore reperibili in quell’immediato momento, per non allungare i tempi di intervento.
La stazione di pompaggio in costruzione sul lago residuo
L’interno del capannone con le 14 elettropompe del secondo stadio
La struttura del capannone era metallica, dotata di un piccolo carroponte per la posa delle pompe, ed era rivestita da lamiere ondulate. La stazione di pompaggio fu alimentata tramite la realizzazione di una sottostazione elettrica ottenuta dalla derivazione di una linea elettrica esistente.
I lavori per la realizzazione di questo impianto iniziarono nel mese di novembre 1963 e furono completati nel mese di febbraio del 1964: l’inverno fu rigido ed abbondante di nevicate e questo rese più complesse le condizioni di lavoro.
La canaletta in legno nei pressi del passo S. Osvaldo
La realizzazione della canaletta in legno a sezione quadra (1 metro di larghezza per 1 metro/0,70 metri) da parte dell’impresa Monti, fu parallela all’avanzamento dei lavori presso la stazione. Fu così che il 20 febbraio 1964 l’impianto entrò in funzione e fu disattivato alla fine del mese di agosto dello stesso anno, in quanto il bacino stazionava in quota ritenuta sicura e senza apporti sostanziali; in quel periodo sul versante occidentale del lago si procedette con la realizzazione di 3 pozzi di scarico sulla galleria di by-pass.
Completamento della galleria con imbocco a quota 721 m s.l.m.
Nello stesso periodo dello spegnimento della stazione idrovore, l’ENEL pensò di impiegare la galleria prevista per adduzione al Vajont, con sbocco posto a quota 721 in sinistra val Tuora ove era presente il terrapieno che permetteva il collegamento carrozzabile tra le due sponde, come galleria di scarico del lago residuo. Lo sbocco doveva servire così da soglia per lo scarico di superficie di massima quota del lago del Vajont in caso di piene. Per far ciò però si è reso necessario lavorare su due fronti: la modifica della pendenza del tratto esistente di 991,34 metri di galleria e la realizzazione del secondo tratto di galleria con pendenza (di circa 5 per mille ) verso l’abitato di Cimolais.
L’imbocco a quota 721 m s.l.m. ai giorni nostri (accanto alla galleria Tuora, seminascosto sulla destra)
La copertura del pozzo in val Tuora
Riguardo al primo intervento la volta e le pareti laterali originali della galleria furono mantenute tali, mentre si scavò in profondità gradualmente per la realizzazione della nuova platea in contropendenza. In val Tuora, alla quota di 811,684 metri si realizzò un pozzo verticale di 3 metri di diametro che dapprima agevolò gli scavi anche in direzione Cimolais, successivamente fu dotato di aeroforo e di una paratoia a comando manuale. Ai giorni nostri tale pozzo esiste ancora e ne è visibile l’imponente copertura in calcestruzzo che è stato posata sulla sommità. I lavori riguardanti gli scavi di queste opere furono realizzati dall’impresa Pierobon di Ponte nelle Alpi, le cui maestranze non avevano dormitori sul cantiere ma alloggiarono negli hotel di Barcis.
Cantiere di realizzazione scarico a quota 708, sopra l’abitato di Cimolais
A Cimolais, ben visibile tuttora sulla sinistra della SS251 salendo verso il primo tornante del passo S. Osvaldo, lo scavo della galleria sbocca in una finestra principale a quota 708,188 m s.l.m.; ad una decina di metri da essa, all’interno del monte Cornetto, fu ricavato un pozzo inclinato in roccia di circa 18 metri di lunghezza, dal quale, in esterno, ha inizio la tubazione metallica da 1,60 metri di diametro. Il tubo scende con una pendenza elevata (del 726 per 1000) e nella parte terminale compie una curva per riportarsi in asse pressoché orizzontale. Alla fine del tubo l’opera in calcestruzzo di contenimento è dotata di un dissipatore e, dopo una curva a 90°, prosegue per poco più di un centinaio di metri sino allo sbocco sul rio Tremenigia, affluente a sua volta del torrente Cimoliana.
A metà lunghezza del canale in gabbionata era presente una stazione di misura per le acque provenienti dal Vajont di cui oggi sono visibili solo le opere civili.
Questo scarico entrò in funzione nel 1965. Attualmente questa galleria di scarico è inattiva e l’imbocco è murato. Le acque visibili nel canale di scarico sono dovute alle infiltrazioni in galleria.
L’attuale imbocco della galleria di scarico a quota 721 m s.l.m. (murato)
La tubazione dello scarico che scende dal monte Cornetto
Completamento della galleria di scarico a quota 640 m s.l.m.
Imbocco galleria di scarico a quota 640 m s.l.m.
L’imbocco sussidiario dello scarico a quota 675 m s.l.m.
Parallelamente al completamento dello scarico a quota 721 m s.l.m., l’ENEL provvedette al completamento della galleria di scarico a quota 640 m s.l.m. a monte della dislocazione tettonica per lo scarico in alveo del torrente Cimoliana del lago del Vajont.
Di tale galleria ne esisteva un primo tratto di 653 metri, precisamente dall’imbocco principale posto a quota 640 m s.l.m. sino a poco oltre il pozzo paratoia, già realizzato in sponda sinistra della val Tuora nei pressi della confluenza del torrente Vajont con il Tuora stesso.
Il pozzo, del diametro di 3 metri, è collegato verticalmente con il locale di azionamento della paratoia, è dotato di aeroforo e di scalette di accesso alla base. E’ presente una paratoia che regola la portata da quota 640,395 m s.l.m.. A 31 metri dall’asse pozzo verso l’imbocco profondo del lago era presente un tampone in calcestruzzo che fu demolito al completamento della galleria per rendere funzionale la stessa.
Tra l’imbocco ed il pozzo della paratoia la SADE aveva già realizzato uno scarico sussidiario con soglia di imbocco a quota 675 m s.l.m.; lo scarico sussidiario consiste in un grande imbocco da 6,5 metri di altezza che con un raccordo a pipa si collega ad un pozzo verticale da 30 metri di altezza e di 3,6 metri di diametro.
Anche il tratto di galleria di scarico tra l’imbocco e lo scarico sussidiario fu realizzata con un diametro di 3,6 metri, mentre il tratto dallo scarico sussidiario stesso sino poco oltre il pozzo paratoia fu realizzato con un diametro di 4,4 metri.
L’ingresso del locale azionamento paratoia dello scarico a quota 640 m s.l.m.
Il tratto di nuova realizzazione di 2917,5 metri di lunghezza fu scavato con un diametro inferiore e la galleria ebbe una sezione finale di rivestimento di 2,6 x 2,8 metri in roccia sana, mentre in un tratto scavato in roccia degradata la sezione è leggermente inferiore, di 2,5 x 2,5 metri. La pendenza di questo nuovo tratto è dell’uno per mille.
Lo sbocco della galleria si trova a quota 636 m s.l.m., e passa sotto la strada che da Cimolais conduce alla località La Prada verso Claut, sulla destra orografica del torrente Cimoliana. In fianco alla galleria di scarico è presente un’altra galleria, resa necessaria per gli scavi, ed attualmente chiusa da una porta stagna. A valle della galleria di scarico fu realizzato uno scivolo in calcestruzzo armato dotato di dissipatore, che compie una leggera curva e riversa direttamente nell’alveo del Cimoliana.
Questa galleria fu completata leggermente in ritardo rispetto a quanto previsto per via dei tratti di roccia degradata incontrata che richiesero interventi maggiori per rendere l’opera sicura.
Entrò in funzione nel 1966.
Lo scivolo di scarico in funzione che riversa nel torrente Cimoliana
La galleria viene attualmente impiegata come scarico funzionante, ed eventualmente regolato, di massima quota del torrente Vajont che nei pressi dell’imbocco tende a compiere un’ansa in una conca naturale in regime di piena. E’ inoltre interessante notare che la quota superiore dell’imbocco della galleria di by-pass si trova a 640 m s.l.m., pertanto, nel caso essa venisse chiusa dai panconi per una eventuale manutenzione, il livello del bacino la sommergerebbe quasi completamente iniziando a scaricare quindi dall’imbocco dello scarico ‘640’.
La galleria realizzata per gli scavi nei pressi dello scarico a quota 636 m s.l.m.
Interventi minori
Si sono descritti 3 interventi principali attuati per limitare e svasare il lago residuo del Vajont creatosi in seguito alla frana del monte Toc. In realtà l’ENEL aveva in progetto altri interventi, tra i quali anche la creazione di due piccoli sbarramenti, uno sul torrente Vajont ed uno sul torrente Zemola, che tramite delle gallerie di derivazione, deviassero buona parte della portata degli stessi direttamente nella galleria di scarico a quota 721 m s.l.m., prima che le rispettive acque giungessero nel lago residuo ad implementarne il volume.
Queste opere non furono realizzate perché non vi è stata la necessità, ma altre due opere, minori rispetto alle 3 principali descritte precedentemente, furono attuate: la deviazione del torrente Tuora e l’impermeabilizzazione del mantello morenico alla sella di S. Osvaldo.
I ruderi, appena visibili, della briglia derivatrice sul Tuora
Durante la realizzazione della stazione idrovore e la conseguente costruzione della canaletta di scarico in legno posta lungo la val Tuora, l’ENEL ritenne di deviare il torrente Tuora verso Cimolais per evitare che un ulteriore afflusso di acqua (il corso naturale del Tuora) giungesse al lago del Vajont.
Cosicché proprio ai piedi della cascata Saleduogna che dà vita al Tuora nella valle omonima, venne realizzata una sorta di presa, un muro in calcestruzzo con andamento leggermente arcuato, dell’altezza di circa 2,5 metri, con uno spessore alla sommità di 40 centimetri. Il piccolo sbarramento era dotato di una ribasso sfiorante a quota 842,8 m s.l.m.. Il suo sviluppo era di 22 metri.
Da esso una tubazione metallica di circa 40 centimetri di diametro scendeva verso valle parallelamente all’alveo originario del Tuora, sino a giungere nei pressi della canaletta in legno, a quota 835,3 in quel punto, e tramite uno scivolo in legno riversava in essa l’acqua catturata una sessantina di metri più a monte.
L’impermeabilizzazione del mantello morenico nei pressi del passo S. Osvaldo avvenne in concomitanza con i lavori in questo versante e più precisamente sfruttando un cunicolo di sondaggio esistente che rilevò due grosse porzioni di roccia da impermeabilizzare, nel malaugurato caso in cui non si fosse riusciti in tempo a completare la galleria di scarico a quota 721 con il sopraggiungere di un’evento di piena. L’impermeabilizzazione avvenne tramite foratura profonda verticale, nell’area tra la SS251 e l’alveo del Tuora, iniettando cemento e riempiendo le due fenditure naturali da circa 770 m s.l.m. a circa 740 m s.l.m..